Eccoli lì, in giacca scura e sorriso lucido, a stringersi la mano su tappeti morbidi mentre fuori la terra fuma e la carne brucia. Parlano di “democrazia”, “libertà”, “diritti umani”, ma le loro valigette odorano di cordite e dividendi trimestrali.
Le guerre — ci raccontano — sono tragedie inevitabili, ma per qualcuno sono semplicemente opportunità di business. C’è chi ci lascia la casa, il figlio, la gamba. E c’è chi ci lascia l’IBAN e ci trova sopra qualche zero in più.
Le industrie belliche, ad esempio, non sanno più dove mettere i soldi: Lockheed Martin, Raytheon, Northrop Grumman, BAE Systems, Leonardo… ogni missile lanciato è un applauso in Borsa, ogni città sventrata è un grafico che sale. Il sangue come carburante, la morte come KPI.
Nel frattempo, nei grattacieli di vetro, i grandi fondi come BlackRock e Vanguard fanno shopping: prestano soldi agli Stati in ginocchio, finanziano i colossi che ricostruiranno ciò che è stato appena demolito, scommettono sull’angoscia come fosse oro nero.
E già che parliamo di nero: le guerre fanno lievitare i prezzi dell’energia. E allora le multinazionali del petrolio e del gas stappano champagne ogni volta che un oleodotto salta per aria. Più fame, più freddo, più disperazione? Ottimo per gli utili.
Poi arrivano i palazzinari globali, i signori delle infrastrutture: dove ieri c’era un cumulo di macerie e corpi, domani sorgeranno scintillanti quartieri finanziati a debito, con tanto di centri commerciali e Starbucks. Gaza, Kiev, Mariupol… le città fantasma di oggi, le mini-Dubai di domani.
E i governi? Quelli che piangono nei telegiornali e si stracciano le vesti per le “vittime innocenti”? In realtà, gongolano. L’economia di guerra fa miracoli: rilancia la produzione, tiene buone le folle, permette di stampare denaro e alzare le tasse con la scusa della “sicurezza nazionale”. Francia, Inghilterra, Germania, Italia… indebitate fino al midollo e pronte a sventolare bandiere per coprire i buchi di bilancio.
Così il cerchio si chiude: da un lato bare e orfani, dall’altro utili record e bonus miliardari. E in mezzo, noi. Con la bocca aperta davanti allo schermo, a scegliere da che parte stare come se fosse una partita di calcio, senza accorgerci che in realtà non giochiamo: siamo il pallone.
Ecco il grande segreto che non vogliono dirti: non è mai stata una questione di valori, né di libertà, né di diritti. È sempre stata — e continua a essere — una questione di profitti.
Dio non è morto: indossa un completo firmato, ha sede alle Cayman e sorride ogni volta che un missile parte.
@IGS

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