L’invisibile

Ci sono giorni che non sono giorni. Sono copie sbiadite, stanche, sfinite di altri giorni ancora. Fotocopie mal riuscite della stessa merda. Giorni in cui stai male, e nessuno lo vede. E fa male proprio per questo. Perché nessuno lo vede. E fa ancora più male quando non lo vede chi dice di amarti. Quando passa accanto al tuo dolore come se fosse un oggetto buttato in strada, qualcosa di non suo. Ti ci abitui a questo silenzio intorno, sì, ma c’è un momento, a volte, in cui lo senti più forte. In cui pesa come un macigno che ti schiaccia il petto. E non riesci nemmeno a urlare.

Non chiedi niente, non fai scenate, non ti metti a battere i pugni sul tavolo per dire “ehi, ho bisogno, ci sono anch’io”. No. Lo lasci intuire. Perché non vuoi elemosinare niente. Magari abbassi lo sguardo, stai zitto un po’ più del solito, aspetti uno sguardo, un tocco leggero, qualcosa. E invece niente. Vedi l’altra persona ridere a un reel scemo su Facebook, rispondere subito a un messaggio, illuminarsi per una chiamata qualsiasi, per un like di qualcuno che manco conosce bene. Cose leggere, senza peso. Eppure quelle cose la smuovono. La fanno ridere. La fanno vivere. Tu no. Tu sei lì, e non fai effetto. Non fai rumore. Non fai ridere. La tua sofferenza non merita nemmeno uno sguardo. Non vale neanche un like. E ti senti invisibile davvero, come se stessi svanendo da dentro, centimetro dopo centimetro.

E ti chiedi: ma allora conto così poco? Davvero il mio dolore vale niente? Davvero è così invisibile, così inutile, così muto? Ti dicono “eh, anche io ho i miei problemi”. Ti dicono “non è cattiveria, è che adesso va così”. E tu stai zitto. Ma dentro urli. Perché uno sguardo, un gesto, non costa nulla. Ma per te potrebbe significare tutto. E invece niente. Per gli altri, cambia poco. Per te, cambia tutto. E allora ti fermi. E pensi che forse, forse davvero, il problema non è solo fuori. Forse il problema sei anche tu. Che non vedi. Che non vuoi vedere. Che a volte sei come loro. Che ti giri dall’altra parte.

Mi è successo di pensare a quelli che stanno peggio. Non per consolarmi, no. Non per dire “c’è chi sta peggio” e sentirmi meglio. No. Mi ci sono proprio messo dentro, con la mente e con la pelle. Ai bambini sotto le bombe, a quelli che scavano in silenzio per tirare fuori il cobalto che serve alla batteria del mio cellulare. Ai corpi piegati che cuciono i vestiti che poi io indosso come se niente fosse. Ogni volta che tocco queste cose dovrei vederli, sentirli. Ma non lo faccio. Mi volto. Perché non voglio. Perché fa male. Perché mi disturberebbe la giornata. E allora come posso pretendere che qualcuno guardi me, che veda me, che senta me?

La verità è che faccio la stessa cosa. La stessa identica cosa. E quando mi tocca sul personale, quando sono io a essere ignorato, lo sento come un’ingiustizia. Ma quando sono gli altri ,quelli lontani, quelli senza nome, quelli che non mi toccano il cuore direttamente , allora li ignoro. E non me ne accorgo neanche. Sono diventato come quelli che oggi mi fanno male.

E allora forse è giusto così. Forse è giusto che provi questo peso. Forse è giusto che mi senta invisibile. Perché adesso lo capisco. Capisco quelli che continuano a dare, anche senza ricevere niente. Quelli che sorridono dentro il dolore. Quelli che non chiedono, ma danno. Resilienti, veri, stremati ma vivi.

Il mondo è una macchina rotta. Dalle pareti di casa ai palazzi del potere. Siamo circondati da occhi che si chiudono appena qualcosa ci disturba, appena la sofferenza entra a gamba tesa nella nostra comfort zone. La sofferenza dà fastidio. Non si vuole vedere. E chi ha potere , anche solo il piccolo potere di chi può scegliere di ignorarti , se lo tiene stretto e ti lascia lì. A marcire da solo.

Allora bisogna scegliere. Scegliere di restare. Scegliere di guardare. Anche se fa male. Anche se nessuno ci guarda Perché è da qui che si ricomincia. Da questo buio. Da questo schifo. Guardandolo in faccia.

E allora, ogni volta che mi lamento di non essere visto, ogni volta che mi arrabbio perché nessuno capisce, mi fermerò. E mi chiederò: io, quante volte ho fatto la stessa cosa? Perché non è diverso. È la stessa identica merda. Solo che quando tocca a me, brucia. Quando è degli altri, non ci penso. Ma la distanza tra me e loro è solo quella di uno specchio. Io mi giro. Tu ti giri. E intanto continuiamo a non vederci mai.




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Comments

Una risposta a “L’invisibile”

  1. Avatar Eterea

    ” Tu ti giri. E intanto continuiamo a non vederci mai. ” Il male tiranno dei nostri giorni: l’ indifferenza, ma tu mi hai portato con le tue parole in una sofferenza più profonda, quella degli ” ultimi “, è diversa dal perdersi in un like social e gongolarsi. Hai messo a nudo la tua debolezza emotiva, che è anche la mia, IO TI VEDO ! Bellissimo testo di riflessione. Grazie 🙏

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