Tarassaco: il fiore della vita.

Ci sono incontri che non fanno rumore, ma lasciano un segno. A volte basta uno sguardo posato su un angolo dimenticato di marciapiede per imparare qualcosa. È lì che l’ho visto, il tarassaco. Solo, ostinato, fiero. Era spuntato dove nessuno lo voleva, tra l’asfalto spaccato e la polvere. Eppure, sorrideva al sole.

Non ha petali preziosi né profumi raffinati. Non si fa notare tra le rose o i giardini curati. Il tarassaco cresce dove nessuno lo ha piantato. Lo fa per scelta della vita, o forse per fede in qualcosa che noi, troppo presi dal correre, abbiamo dimenticato.

Ogni volta che lo vedo, mi insegna qualcosa. Che non serve il terreno perfetto per fiorire. Che non importa essere desiderati per essere necessari. Che anche tra le crepe si può nascere luminosi.

La sua trasformazione è la nostra. Un giorno è giallo, pieno di sole. Poi cambia. Si fa soffice, bianco, leggero. Si lascia andare al vento. E sembra sparire, ma in realtà si moltiplica. Porta con sé semi e sogni, ovunque la brezza vorrà.

Così dovremmo imparare a fare anche noi. Cambiare forma senza paura. Lasciar andare ciò che eravamo per diventare ciò che possiamo essere. Ogni fine è un principio, ogni volo un atto di fede.

Chi non ha mai soffiato un soffione esprimendo un desiderio? C’è qualcosa di infantile e sacro in quel gesto. Un rito antico, semplice, eppure pieno di speranza. Ogni seme portato via è un messaggio all’universo. Un pensiero che si affida all’invisibile.

Nel linguaggio silenzioso della natura, il tarassaco è una preghiera che cammina, un incantesimo che respira, un simbolo che ci ricorda che siamo fatti per resistere, ma anche per volare.

Il tarassaco non chiede di essere guardato. Ma se lo fai, ti insegna. Ti parla di forza senza arroganza, di bellezza senza consenso, di trasformazioni senza paura.

E allora lo capisci: forse non siamo qui per essere ammirati, ma per resistere, trasformarci, e donare nuova vita. Anche, e soprattutto, da dove nessuno si aspetta nulla.

Allora una domanda ti sale: e se il fine del nostro breve viaggio su questa terra fosse proprio questo? Essere come il tarassaco.

Crescere tra le difficoltà, nutrire in silenzio, trasformarci, e infine lasciare andare semi di ciò che siamo stati. Semi invisibili, che forse germoglieranno in qualcuno, in qualcosa, in qualche tempo che non ci appartiene più.

Forse il vero senso del vivere è donare, come fanno i semi del tarassaco: senza rumore, senza riconoscimento, ma con fede. Lasciare dietro di noi una traccia lieve, fatta di gesti, pensieri, amore. Perché anche da noi, come da lui, possa nascere altra vita.



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Comments

2 risposte a “Tarassaco: il fiore della vita.”

  1. Avatar @desire760

    Come hai già spiegato non serve che qualcuno possa accorgersi e accettare la nostra presenza che come il Tarassaco che non ha una bellezza sorprendente,non ha foglie né profuma di nulla,ma nella sua umiltà e modestia è presente e cresce anche dove non dovrebbe.
    Essere umili e modesti non appariscenti ed esosi è come voler essere discreti .
    Gli invisibili che vivono ai confini della società,definiti ultimi , hanno la capacità di essere molto discreti quasi a passare inosservati.
    Non vogliono occhi che possano giudicare, già si giudicano da soli con tanta dignità. Certo non tutti sono così perché non tutti hanno scelto di vivere così invisibili agli occhi di tutti quasi a voler cancellare la loro essenza e sparire da occhi indiscreti che vorrebbero giudicare la loro scelta .Mi fermo Guerriero perché poi vado fuori tema… Sereno pomeriggio, ciao !
    🙋🏻👍🏻

    1. Avatar IGS

      Hai colto perfettamente ciò che volevo dire: il tarassaco è un ribelle gentile, che sfida l’idea stessa di ‘merito’. Come gli ‘ultimi’ di cui parli, esiste senza chiedere permesso, e nella sua apparente fragilità nasconde un’ostinazione sacra. Forse, come lui, anche chi vive ai margini porta semi di qualcosa che ancora non comprendiamo. Grazie per avermi fatto vedere nuovi semi in questa metafora.
      A presto
      IGS

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