Il clorofito non ha bisogno di chiedere nulla. Nasce, cresce, respira. È una presenza discreta ma inamovibile, come un guerriero che non conosce la resa. Non cerca la luce, la trova. Non teme la sete, la sopporta. Le sue radici affondano anche dove la terra è povera, e da lì costruisce la propria forza, silenziosa e costante.
Le sue foglie, sottili e tese come lame, non sono solo ornamento. Sono strumenti di purificazione, armi invisibili contro ciò che avvelena l’aria. Il clorofito assorbe formaldeide, monossido di carbonio, benzene, xilene. Lavora senza tregua, giorno e notte, per ripulire ciò che l’uomo sporca senza pensarci. Non serve che siano in molti: bastano pochi esemplari per ridurre gran parte delle sostanze nocive in una stanza. Non arriva davvero al novantacinque per cento come qualcuno racconta, ma la sua efficacia resta sorprendente. In silenzio, ripristina un equilibrio dimenticato.
È una pianta che non chiede premi, non si lamenta, non cede. Quando la luce cala, continua a respirare. Quando l’aria è ferma, la trasforma. Vive in spazi chiusi, ma ha dentro di sé la memoria della foresta. È la prova che la vita non ha bisogno di rumore per vincere, che la vera forza è nella costanza, nella calma, nella presenza.
Il clorofito insegna che si può essere guerrieri anche senza combattere. Basta continuare a esistere, a purificare, a restare in piedi mentre tutto intorno si corrompe. Nel suo silenzio c’è una lezione: non serve dominare per trasformare. Basta respirare, e non smettere mai.



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