di Un populista consapevole (nel senso giusto)
Dati alla mano: sempre più italiani lavorano e sono poveri. Eurostat ce lo sbatte in faccia con la finezza tipica delle mazzate al fegato. Il lavoro, un tempo rifugio sicuro dal disagio economico, oggi non basta più. I giovani? Precari. Gli autonomi? Dissanguati. Gli over 65? Tornano a lavorare o si accontentano di meno riscaldamento e più coperte.
Eppure. Vai in giro e cosa vedi? SUV che non stanno nei parcheggi, iPhone che costano quanto una caldaia, gente tirata a lucido con tatuaggi full body e bici da corsa da 5.000 euro. Giri per i centri commerciali e sembra il Black Friday eterno. Pare il Paese di Bengodi, ma poi scopri che il 9% dei lavoratori full time è sotto la soglia di povertà. Come la mettiamo?
La mettiamo così: ci stiamo (stanno) fottendo con stile.
Stiamo viaggiando verso l’indigenza comodamente seduti con aria condizionata, leasing e cashback. Compriamo a rate, viviamo sopra le nostre possibilità, spendiamo i soldi degli altri. Poi ci sveglieremo nudi alla stazione finale, con Equitalia ad attenderci come il controllore alla porta del vagone: “Grazie per aver viaggiato con noi. Ora restituisca tutto. Anche i sogni.”
Perché il sistema non vuole che tu ti accorga che sei già fregato. Ti distrae, ti imbocca promesse elettorali, bonus una tantum, e soprattutto… debito facile. Un popolo indebitato è un popolo docile. Con un iPhone in mano non chiedi aumenti, con Netflix sul divano non esci in piazza e nemmeno con la pancia piena oppure se sei di ritorno da una vacanza pagata.. a rate.
E i sindacati? Ah, meravigliosi. Parlano di referendum per modificare la disciplina dei licenziamenti illegittimi nelle microimprese. Giugno 2025. Una roba da standing ovation. Peccato che fra non molto verrà meno l’oggetto del referendum per mancanza di posti da cui licenziarsi. Intanto la gente si svena di tasse, l’INPS fa acqua, la burocrazia strangola e nessuno dice: “Oh, ma non è che lavorare dovrebbe significare vivere dignitosamente?”
No, perché dirlo è “populista”. Come se populista fosse sinonimo di “scemo con la bava alla bocca”. Ma se populista vuol dire sentire il popolo, guardare in faccia la realtà e incazzarsi quando ti prendono per il culo, allora sì: Populista e fiero.
Se populismo è dire che è una follia pagare 900 euro di affitto con uno stipendio da 1.200, allora sono populista.
Se populismo è chiedere perché lo Stato ti tassa anche quando respiri, mentre le multinazionali fanno yoga fiscale tra le isole Cayman, allora ben venga.
Se populismo è incazzarsi quando ti dicono che il problema sei tu che non risparmi abbastanza, mentre con i tuoi contributi ci pagano la mensa a chi fa stage in Parlamento, allora mettetemelo pure sulla carta d’identità.
Perché qui non è più questione di essere populisti. È questione di essere vivi o rassegnati.
O apri gli occhi, o ti fai portare via pure quelli.
E intanto, mentre ci distraggono con guerre culturali, gender, TikTok, Sanremo, l’ennesimo scandalo del calciatore di turno o i video dei politici che ballano su Instagram, il lavoro muore.
E con lui l’idea stessa che esista un futuro stabile per chi sgobba.
L’unica cosa che cresce davvero è il debito, pubblico e privato. E l’unico vero Piano di Ripresa sembra quello per farti abituare alla miseria con il sorriso sulle labbra.
Perché povero, oggi, non devi essere: devi solo non accorgertene.
E allora eccoci qui.
A sventolare bandiere di dignità mentre ci raccontano che va tutto bene, che i segnali sono positivi, che la crescita arriverà.
Arriverà, sì. Magari in Cina.
Nel frattempo, noi continuiamo a viaggiare in prima classe verso il fondo.
Con lo sguardo fisso sullo smartphone, mentre ci fregano i diritti, la voce, e pure la dignità.
Ma hey, tranquilli: c’è il cashback . Forse
Le domande del guerriero silenzioso
- Quanto tempo pensi ancora di poter sostenere il tuo stile di vita, se domani il treno si ferma e ti dicono “scendi e lascia tutto”?
- Lavori, produci, paghi tasse… ma ti senti davvero al sicuro?
- Ti basta un bonus da 150 euro ogni sei mesi per credere che qualcuno stia pensando a te?
Se, mentre sfrutti la tua rete Wi-Fi che ti fanno pagare come fosse uranio arricchito, guardi distrattamente un film su Netflix e — tra un colpo di pollice e l’altro — spippoli sul tuo smartphone pagato a rate, comodamente adagiato sul divano preso col 75% di sconto “solo fino a domani”… ti imbatti in questo articolo gratuito (e quindi sospetto, perché pure populista)… e qualcosa ti risuona…
Allora fermati. Rispondi alle domande. Lascia un commento o semplicemente… respira.
(Finché non mettono a pagamento pure l’aria.)
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