“Ci hanno liberati”. Sì, del tutto: anche dell’indipendenza.
Ogni anno, puntuale come un debito con l’FMI, arriva il 25 aprile. Giornali, TG, politici di ogni schieramento si affrettano a ripetere il mantra: “Festa della Liberazione dal nazifascismo!”. E giù corone d’alloro, discorsi emozionati, lacrime riciclate.
I politici sfilano in giacca e cravatta, posano corone d’alloro, parlano di libertà conquistata, di valori democratici, di resistenza gloriosa. I telegiornali intonano il solito coro celebrativo, le scuole organizzano eventi per commemorare “la fine del fascismo e la rinascita democratica dell’Italia”. Tutto bello, tutto emozionante.
Un pò di storia…ufficiale
Il 25 aprile 1945, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI), guidato da Sandro Pertini, Luigi Longo, Emilio Sereni e altri, proclamò l’insurrezione generale nei territori ancora occupati dai nazisti e dai fascisti della Repubblica Sociale Italiana (RSI). Milano e Torino si sollevarono e furono liberate dai partigiani prima dell’arrivo degli Alleati. Mussolini fu catturato e giustiziato il 28 aprile dai partigiani, mentre cercava di fuggire verso la Svizzera. La guerra in Italia finì formalmente il 2 maggio 1945, ma il 25 aprile fu scelto come data simbolica per celebrare la vittoria della Resistenza.
Un pò di storia… senza omissis…
La Resistenza non fu unitaria: c’erano comunisti, socialisti, azionisti, cattolici, monarchici, persino ex fascisti pentiti. Le tensioni politiche tra i diversi gruppi erano forti. Gli Alleati angloamericani furono decisivi nella liberazione dell’Italia, ma la narrazione nazionale ha spesso minimizzato il loro ruolo per esaltare quello dei partigiani italiani. Non mancarono vendette sommarie alla fine della guerra: circa 10.000 persone, tra fascisti veri o presunti, furono giustiziate senza processo. La Resistenza è stata anche uno strumento di riscrittura della legittimità repubblicana: ha permesso alla nuova classe dirigente di costruire una discontinuità simbolica col fascismo, anche se molti uomini delle vecchie strutture (burocrazia, magistratura, polizia) rimasero ai loro posti.Alcuni storici sottolineano che la narrazione “pulita” e gloriosa della Resistenza è servita a nascondere compromessi politici e ambiguità (come l’amnistia Togliatti del 1946 che salvò molti ex fascisti). Il 25 aprile è una data fondamentale per l’identità democratica italiana, ma come tutte le date simboliche è stata “aggiustata” nel tempo per costruire un mito unitario. La verità storica è più complessa, fatta di luci e ombre, di eroismi e di vendette, di ideali alti ma anche di lotte di potere.
Veniamo al dunque
Sì, certo, il fascismo è caduto. C’è stata una guerra civile, ci sono stati morti, eroi veri, gente che ha dato la vita per la causa ma anche opportunisti , vendette postume, tradimenti, e un intero popolo che ha cercato di salvare la pelle come poteva. Poi sono arrivati gli Alleati, e con loro la “liberazione”.
Ma liberazione da cosa, esattamente?
Perché, se guardiamo bene, quella data non ha segnato l’inizio della libertà, ma la fine definitiva dell’indipendenza italiana.
Altro che autodeterminazione. Il 25 aprile è stato l’ingresso ufficiale dell’Italia nell’orbita americana. Non un’alleanza, ma una colonizzazione mascherata da liberazione. Gli americani non ci hanno liberati: ci hanno semplicemente strappati dalle mani del regime fascista per consegnarci, ordinatamente, al dominio del blocco occidentale.
Con il Piano Marshall arrivarono montagne di dollari, certo. Gli americani ci “aiutavano” a ricostruire l’Italia, ma guarda caso pretendevano qualcosa in cambio: basi militari sparse ovunque, l’adesione forzata alla NATO, la fine di ogni pretesa di neutralità. Non era beneficenza, era un investimento strategico. E noi? Noi in cambio diventavamo portaerei USA nel Mediterraneo, piazzola NATO, e sentinella armata contro il “pericolo sovietico”.
Ma mentre l’Occidente ci colonizzava con l’abbraccio morbido del capitalismo e dei dollari, l’URSS non stava certo a guardare. Anche da Est arrivavano fiumi di soldi, ma indirizzati verso altri canali: il Partito Comunista Italiano, le Case del Popolo, i sindacati, i movimenti operai. Si finanziavano ideologie, si comprava consenso, si seminavano fedeltà.
L’Italia non era libera: era terra di nessuno, un campo di battaglia silenzioso dove si combatteva la Guerra Fredda. Peppone e Don Camillo non erano solo un racconto ironico: erano lo specchio della realtà. Due blocchi che ci usavano come pedine. A Nord c’erano i dollari americani che rifornivano le fabbriche, a Sud c’erano i rubli sovietici che nutrivano la protesta sociale.
E così, dopo la guerra, è arrivato il cosiddetto “boom economico”. Lo chiamano miracolo italiano, ma è stato piuttosto un miracolo a stelle e strisce. L’Italia diventava la piccola fabbrica d’Europa, grazie a capitali esteri e a un piano industriale pilotato dall’alto. Crescevano le aziende, certo, e in qualche modo migliorava la vita di molti. Ma non era progresso autonomo, era un disegno ben orchestrato.
Nel frattempo, a colpi di spot e pellicole, ci hanno ipnotizzato. Non servivano più i carri armati: bastavano le lavatrici. Hollywood entrava nelle case, portando con sé i valori, i sogni, i jeans, il fast food, la famiglia perfetta americana. Più che una liberazione, sembrava una lobotomia collettiva. L’american style ci ha conquistati non con la forza, ma con la pubblicità. E noi … eh.. ci siamo cascati con tanto di ringraziamenti.
E oggi? Oggi il copione si ripete, ma con qualche aggiornamento.
Il nemico ora è di nuovo l’orso russo. Ancora una volta, ci raccontano che bisogna difendersi da Mosca, che la libertà è sotto attacco. Ancora una volta, piovono soldi. Ma questa volta non finiscono più nelle fabbriche o tra gli operai, ma nelle tasche di chi porta avanti la narrativa giusta. Politici, giornalisti, opinionisti da salotto, direttori di testate, portavoce di governi esteri travestiti da analisti indipendenti. Sono loro i nuovi terminali del denaro.
Non c’è più bisogno di finanziare l’industria: oggi si finanzia il consenso. Si compra la verità a colpi di soldi, e la si rivende in prima serata con toni drammatici, col sottofondo dell’inno europeo.
E allora diciamocelo chiaramente: il 25 aprile non ha segnato una liberazione, ma un cambio di padrone. E da quel giorno non ci siamo più alzati davvero in piedi. Ci siamo solo seduti su una sedia nuova, comprata dagli americani e verniciata col tricolore.
Ma ehi, almeno abbiamo la libertà di festeggiare. Sempre che piaccia anche a Washington.

Le domande del guerriero silenzioso:
Quanto ci costa davvero questa “libertà”?
Perché non viene narrata la verità nuda e cruda? A chi farebbe davvero male?
Se questa è libertà, com’è fatta la prigione?
Cosa succederebbe se ammettessimo che abbiamo perso? Non la guerra… l’indipendenza.
Perché celebriamo la fine di un regime, ma non ci accorgiamo del prossimo?
Se la storia la scrivono i vincitori, noi cosa stiamo leggendo da 80 anni?
Che senso ha una bandiera, se non possiamo decidere chi siamo?
Siamo liberi… ma di cosa? Di scegliere il condimento sull’hamburger?
Chi è che ci guadagna davvero, ogni volta che ci convincono di essere “dalla parte giusta”?
Se questo articolo ti risuona, rispondi alle domande, ponine di nuove o semplicemente…respiraci su..
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