Questo articolo è liberamente ispirato agli insegnamenti trascritti dal Cerchio Firenze 77, un gruppo spirituale italiano attivo tra gli anni ’50 e ’80, noto per le sue comunicazioni medianiche con entità come Kempis. Le trascrizioni di queste riunioni sono state magistralmente raccolte da Paolo Franceschetti nell‘Opera Omnia, un compendio che raccoglie tutte le riunioni dal 1950 al 1984
Il messaggio originale:
Fratello Orientale. Un fratello ti ha parlato degli ostacoli che inconsapevolmente crei fra te e il mondo.
Ti ha parlato che la libertà di mente non fa creare questi ostacoli e ti avvicina ai fratelli.
Così è, fratello caro, quando hai formato la tua coscienza puoi liberarti di tanti
pregiudizi divenuti inutili. Allorché il piccolo ha imparato a camminare non lo si porta
più di peso, gli si dà la mano sinché non è capace di andare da solo.
Ti è stato detto: fuggi le cattive compagnie, ed è giusto, ma a chi sa comprendere
possiamo dire:
superandolo fuggi il peccato, ma non fuggire chi ha peccato. Non avvicinare i tuoi
fratelli per giudicarli, ma per comprenderli, per amarli.
L’amore egoistico lega le creature e distrugge le relazioni; così, fratello caro, non ti
parlo di questo amore che vuole essere contraccambiato, ma di quel sentimento che
fa donare te stesso senza esigere che chi ha ricevuto dia un segno della sua
approvazione.
Ed è per tutti uguale, belli, brutti, giovani, vecchi, ricchi, poveri, gentili o no. Vi sono
tante creature che riducono la loro vita ad una attesa, attendono l’ideale dei loro sogni.
Essi sfioriscono, languiscono e danno amore ad un sogno che può avere avuto origine
dal mondo esterno, ma che solo la loro fantasia continua a far vivere.
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Parlo a voi, fratelli, a voi che siete soli, che vi sentite soli. Sapete? Ciascuno deve
essere capace di camminare da sé. Così non rammaricatevi della vostra solitudine. Ma
se proprio vi sentite il desiderio di riversare il vostro affetto su qualcuno, guardatevi
attorno, quante creature vi sono da amare.
Non attendete che sia richiesto l’affetto, donatelo spontaneamente. Non è, sapete, la
compagnia che vi fa cessare di essere soli: quante creature si conoscono da anni
e sono estranee l’una all’altra. È la comprensione, più forte di qualsiasi legame,
che è più compagnia del matrimonio e dell’amicizia, perché è inizio di comunione
spirituale.
E credete che questa comprensione, questo amore puro, leghi le creature? Anche voi,
che non siete soli, cercate di dare di questo amore e domandatevi se credete che sia
giusto questo continuo lamentarvi per la mancanza di qualcosa nell’amico, compagno,
fratello. Guardate prima se v’è in voi questo qualcosa di cui lamentate la mancanza
negli altri. È difficile scorgere il proprio volto nell’altrui, ma se ci riuscite vi accorgete
che, sovente, colui il quale vede dei difetti nel fratello, ha gli stessi in sé.
A voi che nelle relazioni vi perdete nei labirinti dei diritti e dei doveri, poche parole
diciamo:
il dovere è amore,
il diritto è egoismo.
Possiate avere orecchi per intendere.
Fratello Orientale
Qua vorrei partire dalla fine: “Il dovere è amore, il diritto è egoismo.”
All’inizio sembrano parole dure. Siamo abituati a considerare i diritti come una conquista fondamentale, e lo sono. Ma il testo ci invita a guardare più a fondo.
Il diritto riguarda ciò che ci spetta, ciò che chiediamo al mondo. È una spinta che parte da noi: “io ho diritto”, “io merito”, “io voglio”. Non è qualcosa di sbagliato, ma nasce sempre dall’io.
Il dovere, invece, può sembrare una fatica, un peso imposto. Eppure, visto con occhi diversi, diventa un gesto d’amore. È il momento in cui ci prendiamo cura di qualcuno senza aspettare nulla in cambio. È dare la mano a un bambino che sta imparando a camminare: non lo si porta sempre in braccio, non lo si abbandona a terra, ma lo si accompagna fino a quando sarà capace di camminare da solo.
Lo scritto insiste anche su un altro punto: non è la compagnia che fa sparire la solitudine, ma la comprensione. Ci sono persone che vivono insieme per anni senza mai conoscersi davvero. La vicinanza non dipende dallo stare sotto lo stesso tetto, ma dal riuscire a guardarsi dentro, a vedersi davvero, senza giudizio. È questo sguardo che crea comunione, più forte di un contratto, di un legame di sangue o persino di un matrimonio.
Queste idee richiamano le parole di Simone Weil, una filosofa che sosteneva che i diritti non hanno significato se non si fondano su un dovere. Prima ancora di chiedere ciò che ci spetta, diceva, bisogna riconoscere ciò che dobbiamo agli altri. Lei chiamava questo un “obbligo eterno”: non dipende dalle leggi, dalle abitudini o dalle circostanze, ma è legato alla nostra condizione di esseri umani. In ogni volto, anche nel più dimenticato, c’è una responsabilità che ci riguarda.
Basta guardare la vita quotidiana per capire meglio queste parole. In famiglia, quante volte si cade nella trappola del “io faccio tanto, e l’altro non ricambia”? Nel lavoro, quante energie spese nel misurare ciò che ci spetta e ciò che ci viene negato? Nelle amicizie, quante attese deluse perché l’altro non si comporta come vorremmo? In tutti questi casi il centro resta sempre lo stesso: l’io e le sue pretese. Ma se anche solo per un attimo si rovescia lo sguardo e ci si chiede: “che cosa posso donare io, adesso?”, la prospettiva cambia. Non spariscono le difficoltà, ma si apre un altro respiro.
Il Guerriero Silenzioso riconosce che il vero combattimento non è contro il mondo esterno, ma contro l’ego che pretende e misura. Il guerriero non si vanta, non reclama, non chiede ricompense. Sa che il suo dovere è amore, e che il suo diritto non sta nel ricevere, ma nel poter continuare a donare. Non fugge la solitudine riempiendola di rumori o di presenze forzate, ma la attraversa fino a trovare in sé la capacità di comprendere, e quindi di essere in comunione.
La sua battaglia è silenziosa perché non si combatte con spade o parole gridate, ma con piccoli atti quotidiani: ascoltare senza giudicare, offrire senza aspettarsi nulla, guardare negli occhi senza pretendere. In questo cammino il guerriero non diventa un eroe agli occhi del mondo, ma trova la vera forza: quella che nasce dall’amore che non chiede nulla e, proprio per questo, non può essere spezzato.

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