Viviamo in un mondo che ha fatto di tutto per impedirti di ascoltarti.
Ti riempie la testa. Ti distrae. Ti stimola. Ti spinge fuori, sempre fuori.
Verso obiettivi, notifiche, contenuti, ruoli, doveri.
Non c’è mai silenzio. Non c’è mai vuoto.
E quando c’è — magari per un attimo — ti viene voglia di riempirlo subito. Perché fa paura. Fa male. È scomodo.
Ma è lì, in quel vuoto, che comincia la verità.
Ascoltarsi davvero non è una pratica da “new age”.
È un atto di rottura. Una rivoluzione.
Perché significa fermarsi e dire: “Aspetta un attimo. Ma io… cosa sento? Cosa voglio davvero? Di chi sono queste emozioni che mi porto addosso?”
E queste domande, se le poni con sincerità, ti cambiano la vita.
Perché ti costringono a guardare dove hai finto di non vedere.
A sentire dove hai imparato ad anestetizzarti.
Ascoltarsi è un casino.
Perché spesso quello che senti non ti piace.
Ti mette in crisi. Ti fa mettere in discussione una relazione, un lavoro, una finta identità che ti sei costruito per sopravvivere.
Ma è anche l’unica via per tornare intero.
Perché finché non ti ascolti, vivi una vita che non è tua.
E magari funziona, agli occhi degli altri. Ma dentro sei stanco. Vuoto. Spento.
L’ascolto interiore richiede silenzio, sì. Ma non solo quello esterno.
Serve zittire le voci che ti abitano da anni.
La voce di tuo padre che ti dice che non sei abbastanza.
Quella della società che ti impone cosa dovresti volere.
Quella della paura che ti convince a restare dove stai, anche se stai male.
Quando riesci a fare spazio, a spingere via tutto questo rumore… qualcosa emerge.
Magari è fragile. Magari è solo un sussurro.
Ma è tuo. Ed è lì che inizi a ritrovarti.
Ascoltarsi significa smettere di correre per un attimo.
Stare fermi. E sentire. Anche se fa male. Anche se ti confonde.
Perché nella confusione c’è verità. E nella verità c’è forza.
Il guerriero, prima di agire, si ascolta.
Perché sa che la sua azione, se non nasce da un contatto profondo, è solo rumore in più.
E tu? Quando è stata l’ultima volta che ti sei ascoltato davvero?
Non intendo pensato. Intendo sentito.
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A volte, ascoltare se stessi comincia nel momento in cui si ha il coraggio di dirlo ad alta voce.

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