Luce


Erano giorni di grande virtù
Giorni sereni di luce blu
Al di là dei sogni la felicità
Di chi dice di essere e sa

Non solo buoni al banchetto di Dio
Anche pentiti ladroni di un io
Insieme a loro l’ultimo degli eroi
Ma senza scalpi o trofei

Senza peccato nessuno entrò mai
Ognuno cercava perdono ai suoi guai
E si respirava tranquillità, pace, conforto e umiltà

Chi in quella luce vide l’oscurità
L’anima perse e per sempre vagò
Chi vide speranza di colpo guarì
Chi non vide niente tornò

Ma come mai sono finito qua
In questo tempo, in questa realtà
E come faccio a vedere da qua
La luce dell’ immensità

Vago e rivado in cerca di me
Di una ragione che al mondo non c’è
Sono costretto in un mondo non mio
Questo è l’inferno? O qua non c’è un Dio
Come aver fede in chi non sento mai
Come tra guerre e tra falsi eroi
Quale tra i molti profeti di Dio
Predica giusto , non porta l’oblio

Regna il silenzio nell’omertà
Nessuno vede, nessuno sa
Nessuna traccia della mercanzia
Nascosta nell’ ipocrisia

Vago indeciso nell’oscurità
Senza timore della verità
Chi in quel timore riconobbe il suo Dio
È chi di quel timore perì

Senza peccato nessuno entrò mai
Ognuno cercava perdono ai suoi guai
E si respirava tranquillità,
Pace,conforto e umiltà

Stesse parole stesse volgarità
Cambiano faccia ma non la realtà
Cambiano i tempi ma non i falsi eroi
Stesso costumi, poteri su di noi

Ecco è così che mi presenterò
Senza vestiti o parole da re
Io senza trono e tesoro sarò
Nudo al cospetto di Dio.


Questa canzone l’ho scritta molti anni fa. Ero poco più che un adolescente, ma già sentivo che c’era qualcosa che non tornava, qualcosa di stonato nel mondo attorno a me. Non ero certo il classico ragazzo della porta accanto: non mi bastava vivere in superficie, accontentarmi delle risposte già pronte o fare finta che tutto andasse bene. Avevo bisogno di scavare, di capire, di cercare un senso.

“Luce” nasce proprio da questa urgenza. Non è una canzone religiosa, almeno non nel senso comune del termine. È più un grido spirituale, un dialogo silenzioso con qualcosa di più grande, ma anche una denuncia contro l’ipocrisia, il silenzio complice, il teatrino del potere. Non volevo dare risposte, volevo farmi domande vere. E forse trovare il coraggio di restare lì, nudo, fragile, ma autentico.

All’inizio descrivo un tempo ideale, quasi un Eden perduto, dove anche i “pentiti ladroni” trovano posto al banchetto di Dio. È una visione che mi ha sempre colpito: quella in cui non conta essere perfetti, ma essere veri. Dove la purezza non è un privilegio, ma un cammino che parte dall’umiltà. Nessuno entra “senza peccato”: tutti, in fondo, cerchiamo perdono, pace, conforto.

Poi però la canzone cambia tono. Diventa più buia, più personale. Inizio a chiedermi: che ci faccio io qui? In questo tempo, in questa realtà? Perché mi sento così fuori posto? Come si fa ad avere fede in un Dio che non si sente mai, in un mondo che celebra falsi eroi, che si affida a profeti che predicano l’oblio anziché la salvezza?

Queste domande le avevo già da ragazzo, e ancora oggi mi ci ritrovo dentro con una lucidità che fa quasi male.

C’è anche una parte fortemente sociale e politica nel testo. Parlo di un mondo dove le parole cambiano faccia, ma non sostanza. Dove chi ha potere lo mantiene, a prescindere dai costumi e dalle maschere che indossa. Una realtà in cui l’omertà regna sovrana, dove tutti fanno finta di non vedere. In cui l’ipocrisia diventa la vera merce di scambio.

Ma alla fine, in tutto questo buio, resta una sola via: spogliarsi. Di tutto. Dei ruoli, delle bugie, delle armature. Restare nudi , senza vergogna, con dignità. Presentarsi per quello che si è, senza trono né tesori. Perché forse solo così si può davvero incontrare Dio, o almeno una parte di verità.

Rileggendo oggi questo testo mi rendo conto che, pur avendo tanti anni, non è invecchiato. Anzi, forse ha ancora più senso adesso. Perché quella sete, quella rabbia, quella ricerca… non sono mai davvero passate. E non credo passeranno.


Le domande del guerriero silenzioso

Cosa resta di noi quando togliamo tutto ciò che ci definisce agli occhi degli altri?
Dove si nasconde la verità, quando ogni cosa sembra avere mille volti e nessuna sostanza?
Che cos’è la luce, davvero? È qualcosa fuori da noi, o qualcosa che dobbiamo ricordare di avere dentro?
Esiste un modo per vivere senza tradirsi, anche in un mondo che ci vuole sempre adattati e allineati?
Se Dio esiste, dove abita nel quotidiano? Nella sofferenza? Nel silenzio? Nell’assenza?
Cosa succederebbe se smettessimo di cercare risposte e iniziassimo solo ad ascoltare, profondamente?
È possibile perdonarsi davvero, senza bisogno di un Dio a cui chiedere il permesso?
Quanto di ciò che chiamiamo “realtà” è davvero nostro? E quanto ci è stato cucito addosso?


Se l’articolo ti risuona rispondi alle domande, ponine di nuove o semplicemente…respiraci su.


Tags:


Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *