Ovvero: come trasformare un’ovvietà in una notizia da prima pagina
Da una nota di stampa di Agipress. Link sotto.
Ci risiamo.
Un’altra “scoperta” scientifica che ha dell’incredibile: se vivessimo in edifici salubri, ventilati, con luce naturale e senza muffa, saremmo tutti più sani, felici e produttivi. E udite udite, questo ci farebbe risparmiare 190 miliardi di euro in Europa.
Lo dice uno studio presentato con tutti gli onori alla sede dell’Agenzia Spaziale Europea di Frascati. Già questo dovrebbe farci drizzare le antenne: cos’hanno a che fare gli astronauti con i soffitti scrostati dei nostri condomini? Ma andiamo avanti.
Lo studio è stato promosso da un mix letale di sigle pompose: la SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale), il Green Building Council, e perfino l’Accademia Italiana di Biofilia. Già il nome fa venire in mente gente che abbraccia i ficus e ascolta il respiro del cartongesso.
Secondo loro, un europeo su quattro vive in un ambiente insalubre, e oltre 30 milioni di persone abitano in case dove la luce del sole entra meno del senso critico in una riunione di condominio. Fin qui, niente da obiettare. È vero.
Il problema arriva dopo: riqualificando gli edifici obsoleti, in due anni rientreremmo dell’investimento grazie al risparmio sulle cure mediche e al boost di produttività dei lavoratori.
Aspetta, aspetta.
Fermate tutto.
È come dire che se dessimo da mangiare a chi muore di fame, risparmieremmo sulle spese funebri.
È vero, certo. Ma è anche una delle banalità più atroci mai partorite da una mente che si professa “scientifica”. E soprattutto, non serve uno studio da milioni di euro per arrivarci. Basta il buon senso. Quello che manca.
A sentir loro, gli uffici prima erano delle topaie e adesso che li hanno “riqualificati”, i lavoratori sono più felici e soddisfatti. Ma no, davvero?
Guarda un po’, se prima lavoravi in un cubicolo grigio con il neon sfarfallante e ora hai una scrivania vicino a una pianta e un muro bianco fresco d’imbiancatura, ti senti meglio.
Bastava l’imbiancata, non serviva chiamare la NASA.
E poi ci mostrano il balzo della soddisfazione nei lavoratori dal 42% al 70%.
Ma la domanda è: quanti di quei lavoratori prima lavoravano in condizioni dignitose? Nessuno te lo dice. È come passare da pane secco a un panino caldo e dire che “l’innovazione ha fatto miracoli”. Ma andiamo oltre.
Questi articoli non sono scritti per noi. Non parlano alle persone che vivono in case umide con gli infissi che perdono, o a chi lavora in ambienti dove aprire una finestra è un atto rivoluzionario.
Parlano ai progettisti, agli investitori, agli imprenditori che devono vendere la prossima “riqualificazione biofilica da 12 milioni con fondi PNRR”.
È marketing travestito da scienza.
E poi, chi ha i soldi per fare queste ristrutturazioni monumentali?
Di certo non la signora Teresa che vive da 30 anni al terzo piano senza ascensore con l’intonaco che le cade in testa. Ma il peggio è che, anche se lo facesse, nessuno le garantisce che quei 190 miliardi promessi arriverebbero anche solo a sfiorarla. Perché quei numeri, si sa, sono veri solo sulla carta. Nella vita reale, ci sono le banche, le detrazioni a metà, i cantieri infiniti, gli aumenti dei materiali, e gli “amici degli amici” che si prendono tutto il budget.
La vera riqualificazione? Quella della coscienza collettiva.
Il problema non sono gli edifici. O meglio, non solo.
Il problema è che abbiamo bisogno di studi per giustificare l’ovvio, ma non abbiamo il coraggio di prendere decisioni semplici, reali, umane: sistemare le case popolari. Incentivare davvero chi ha poco. Mettere regole chiare contro gli affitti indegni. Usare i fondi per migliorare la vita reale delle persone, non per rendere più bella la sede della multinazionale che licenzierà a Natale.
Dobbiamo riqualificare prima l’intelligenza collettiva, e poi gli edifici. Perché finché continueremo a raccontarci che “gli ambienti salubri fanno bene alla salute” come se fosse una scoperta, saremo sempre in ritardo sulla realtà.
E allora sì, ridiamoci su.
Ma ricordiamoci che là fuori, nella muffa vera, nella bolletta gonfiata, nell’ufficio con la sedia rotta, c’è ancora qualcuno che aspetta una mano di bianco. E non per estetica, ma per respirare.

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