OMS, FIRMATO L’ACCORDO PANDEMICO


“Gli Stati membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità oggi a Ginevra hanno adottato formalmente il primo accordo pandemico al mondo” — così apre il comunicato dell’agenzia di stampa 9Colonne ( clicca qui per l’articolo completo). L’articolo parla di “decisione storica”, di “mondo più sicuro” e di “vittoria per la salute pubblica”.

Ma a leggerlo fino in fondo, ci si accorge che più che informare, narra. Di cosa parli davvero questo accordo pandemico? Mistero. Nell’articolo, nessun accenno ai contenuti concreti, ai vincoli previsti, ai poteri assegnati. Tutto rimane avvolto nel fumo delle dichiarazioni ufficiali e nella solita satira di partito che trasforma anche una questione sanitaria globale in uno scontro tra Meloni e Serracchiani.

E allora non ci rimane che togliere un pò di rumore da gossip e andare alla sostanza.


Il mondo è più sicuro oggi? Lo dice l’OMS. Ma sarà davvero così?

“Il mondo è più sicuro oggi grazie alla leadership, alla collaborazione e all’impegno dei nostri Stati membri per adottare lo storico accordo pandemico dell’OMS.”
Parole solenni pronunciate dal direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus durante la 78ª Assemblea Mondiale della Sanità, tenutasi a Ginevra il 18 maggio 2025, e riportate nel comunicato ufficiale dell’OMS (World Health Organization Newsroom, 18/05/2025 – “World Health Assembly adopts historic pandemic agreement”).

Tutto molto bello, tutto molto epocale. Ma… cosa prevede davvero questo accordo pandemico?

Autorità globale: OMS come centrale operativa planetaria

L’articolo 1 del documento (ancora non pubblicato integralmente, ma anticipato in varie bozze durante i negoziati dell’Intergovernmental Negotiating Body – INB) conferma che l’OMS assumerà un ruolo guida vincolante nella gestione delle pandemie. Questo vuol dire che in caso di una futura emergenza, potrà emanare direttive a cui gli Stati aderenti dovranno conformarsi.

In parole semplici? L’OMS potrà dire: “Obbligo vaccinale”, “Chiusura frontiere”, “Lockdown sanitario”, e gli Stati, almeno formalmente, dovranno rispondere “sissignore”. Non si tratta di leggi sovranazionali automatiche, ma nella pratica la pressione politica e finanziaria sarà tale da rendere le “raccomandazioni” molto più di un semplice consiglio.

La pandemia è dove (e quando) dicono loro

Nel documento – o meglio, in quello che finora è stato reso pubblico – il termine “pandemia” resta più sfuggente di un virus sotto microscopio. Nessun riferimento chiaro, nessun criterio oggettivo. È una di quelle parole che può significare tutto e niente, ma soprattutto: può essere attivata ogni volta che lo decide l’autorità competente (cioè l’OMS stessa).

Non serve più un virus con milioni di morti: bastano “potenziali minacce”. Tradotto: un rischio ipotetico, un patogeno isolato in laboratorio, una nuova variante dal nome greco e… zac! Scatta l’emergenza. E con l’emergenza, ecco che ritornano lockdown, mascherine, pass sanitari e vaccini a tappeto.

Giuristi e costituzionalisti parlano di “assegno in bianco” a un organismo non eletto democraticamente. Ma dai, cosa potrà mai andare storto?

Accesso equo alle cure. Ma a quali cure, e decise da chi?

Uno dei punti centrali del trattato è la promessa di “equità nell’accesso a vaccini, farmaci, test diagnostici e tecnologie sanitarie” (vedi bozza del trattato INB, art. 10). Peccato che non si specifichi quali farmaci saranno autorizzati, né chi stabilirà le priorità. La scelta resta nelle mani dell’OMS e dei suoi esperti… o meglio, dei comitati scientifici spesso co-finanziati da attori privati.

Parliamo di aziende come Gavi, CEPI e la Bill & Melinda Gates Foundation, che rappresentano una fetta rilevante del budget dell’OMS. Difficile immaginare che le decisioni siano del tutto indipendenti, specie se a trarne beneficio saranno proprio quelle multinazionali farmaceutiche che hanno guadagnato miliardi nella scorsa pandemia.

Nel testo inoltre non viene spiegato come questa equità verrà garantita. C’è l’idea – nobile, per carità – di “condividere risorse, tecnologie, vaccini”. Ma nessuna traccia di meccanismi vincolanti, fondi strutturati o strumenti legali per costringere chi ha (i Paesi ricchi) a condividere davvero con chi non ha (i Paesi poveri).

Il risultato rischia di essere il solito: chi può paga, prenota e riceve in anteprima. Gli altri aspettano in lista, magari con una pacca sulla spalla e qualche webinar sulla resilienza.

Il sistema “PABS”: dati genetici e virus condivisi… e la privacy?

Uno dei pilastri del trattato è la creazione del sistema Pathogen Access and Benefit-Sharing (PABS), che prevede la condivisione obbligatoria e rapida di campioni biologici e dati genetici associati ai patogeni (vedi INB draft, art. 12).

Il principio è: se un Paese rileva un nuovo virus, deve subito condividerlo con tutti. Fin qui nulla da eccepire. Ma nella bozza si parla anche di “genetic sequence data”, che – in assenza di definizione chiara – potrebbe includere dati genetici umani raccolti nei test diagnostici o nelle cure.

Chi gestirà questa banca dati globale? Chi avrà accesso? E i cittadini saranno informati e potranno opporsi? Per ora, silenzio.

Il Passaporto Sanitario Digitale: libertà condizionata

Tra le righe del trattato – e nei documenti paralleli discussi al World Health Assembly – si trova riferimento all’implementazione di certificati digitali interoperabili per la verifica dello stato sanitario . In parole semplici: green pass globale.

L’idea è che per viaggiare, accedere a determinati servizi o lavorare, potrebbe essere richiesto un passaporto digitale che attesti vaccinazioni, test effettuati, o stato di rischio sanitario. Uno strumento che potrebbe trasformarsi in un sistema di sorveglianza sanitaria permanente, se non limitato con rigide garanzie costituzionali.

Italia: l’astensione che non cambia nulla

L’Italia, come riportato da 9Colonne, si è astenuta al momento della votazione nella Commissione. Ma a conti fatti, resta parte attiva dell’OMS, continua a contribuire economicamente, e potrà subire comunque gli effetti delle politiche imposte.

Insomma: non abbiamo firmato, ma restiamo dentro e paghiamo. È un po’ come dire non mi sposo, ma vengo a vivere con te e pago metà affitto.

Organismo democratico? Non proprio.

A chi risponde davvero l’OMS? Formalmente agli Stati membri. Ma oltre l’80% del suo bilancio è costituito da fondi vincolati, molti dei quali provenienti da soggetti privati. Questo significa che chi finanzia, orienta.

Nessuna elezione, nessuna rappresentanza diretta dei cittadini. Nessuna possibilità, per il pubblico, di votare direttori, approvare bilanci o decidere l’agenda. È un’organizzazione potentissima, ma priva di controllo democratico.


l’OMS decide, i cittadini subiscono?

Quello che è stato celebrato a Ginevra come un “trattato storico per la salute globale” appare, a uno sguardo più attento, come una centralizzazione senza precedenti di poteri sanitari nelle mani di un ente non elettivo, sovra-statale e fortemente influenzato dal settore privato.

Nessuno nega la necessità di cooperare davanti a crisi globali. Ma una cosa è cooperare, un’altra è cedere sovranità senza trasparenza e senza consenso popolare.

Il rischio non è solo quello di una risposta inefficace alla prossima pandemia. Il rischio è che, in nome dell’emergenza, si impongano standard sanitari globali che condizionano la vita, la libertà e l’intimità dei cittadini, senza alcuna voce democratica a controbilanciare il potere.

E questa, più che una cura preventiva, somiglia molto a una diagnosi sbagliata.


Riflessione del guerriero

Anche in questo caso ci troviamo di fronte a una notizia raccontata senza sostanza, che non informa ma decora. Piena di slogan, priva di contenuti concreti. Niente che spinga davvero a riflettere, tutto che serve a far passare un messaggio già confezionato.

Ma la verità non sta nei titoli. Spesso si nasconde tra le righe, nei dettagli omessi, nel tono forzatamente rassicurante. Basta fare silenzio, osservare con attenzione, respirare senza farsi travolgere per vederla emergere.

Non è complicata. È solo scomoda.


Le domande del guerriero silenzioso:

  • Quali garanzie abbiamo che le misure adottate oggi per proteggerci non diventino, domani, strumenti per controllarci?
  • Un’organizzazione che influenza le vite di miliardi di persone può essere davvero indipendente se è finanziata da interessi privati?
  • Come possiamo distinguere tra “cooperazione internazionale” e “centralizzazione del potere”?
  • In che misura la paura può diventare una leva politica, e chi la maneggia?
  • Se una nuova “normalità” viene costruita su un’eccezione permanente, che spazio resta per la libertà individuale?
  • La trasparenza dichiarata nei comunicati corrisponde a quella praticata nei fatti?
  • Quanto conta il consenso dei cittadini se le decisioni più importanti vengono prese altrove?
  • Stiamo costruendo un sistema più sicuro… o solo più obbediente?

Se l’articolo ti risuona rispondi alle domande, ponine di nuove o respiraci su..


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