- 14 Aprile 2025
- Fonte: il Sole 24 Ore
- …..Quanto rumore…
Abbassiamo il volume e respiriamo un attimo…
Una chiave di lettura:
I media, anche quelli considerati “di qualità”, spesso propongono una narrazione parziale. Evidenziano ciò che alimenta la visione dominante (pro Europa, contro Russia, ecc.), omettendo altre verità che disturberebbero la linea editoriale o l’orientamento geopolitico desiderato. Non è menzogna pura, ma è verità incompleta, e una verità parziale può diventare strumento di propaganda.
Europa in piazza, “democrazie” in affanno
Le proteste in Europa stanno cambiando pelle. Non sono più solo manifestazioni “contro qualcosa”, ma sempre più spesso esplodono come reazioni spontanee a un malessere strutturale, profondo. Nascono orizzontali, dal basso, fuori dalle sigle e dai partiti, su temi che toccano la carne viva: corruzione, fallimenti istituzionali, degrado dei servizi essenziali. E soprattutto, quel crescente distacco tra chi governa e chi vive le conseguenze delle decisioni prese.
In Grecia, la miccia è stato un incidente ferroviario. Ma ridurre tutto a un errore umano o a una tragedia isolata è fuorviante. Quel treno deragliato porta con sé anni di tagli alle infrastrutture, imposti dalla troika con la complicità dei governi locali. Privatizzazioni, austerità e vincoli di bilancio hanno smantellato interi settori, lasciando le ossa scoperte. La rabbia, oggi, non è solo per i morti: è per un’intera generazione sacrificata nel nome di una stabilità che ha funzionato solo per chi stava già in alto.
In Serbia, è stata una strage scolastica. Ma anche lì, la risposta della gente è andata oltre il fatto specifico. I manifestanti chiedono dignità, verità, riforme. E lo fanno senza portavoce, senza bandiere di partito, organizzati da studenti, parenti, lavoratori. Popolo, semplicemente.
E in Italia? Qui la piazza sembra più silenziosa. Ma non per mancanza di motivi. Mentre altrove si scende in strada, da noi viene approvato un Decreto Sicurezza che amplia i poteri repressivi e limita ulteriormente il diritto a manifestare. È una forma di repressione preventiva, che non reprime i fatti, ma la possibilità che accadano. Un segnale chiaro: chi dissente va neutralizzato prima ancora che parli.
Il parallelismo con gli altri paesi è implicito ma inevitabile: dove la democrazia si restringe, la protesta cresce. O viceversa. E se da noi la protesta è ancora sotto traccia, è solo questione di tempo. Perché la gente si muove quando capisce che nessuno la rappresenta più, e quella comprensione — lenta, sommessa, ma costante — sta già avanzando.
I media provano a incasellare tutto: “populismo”, “antagonismo”, “nostalgia”. Ma non funziona più. Perché chi protesta non cerca slogan, cerca voce. E chi ascolta, finalmente, inizia a capire che il dissenso non è una minaccia. È un sintomo. Di qualcosa che non va.
E che forse, questa volta, va detto.
Domande del guerriero silenzioso
- Da dove nasce questa forza che spinge sempre più persone al dissenso, ormai slegata da qualsiasi colore politico?
- È solo rabbia… o è qualcosa di più profondo che sta cercando la sua voce?
- Credi davvero che una qualsiasi forma di governo possa portare a un mondo migliore, se non è accompagnata da una presa di coscienza collettiva, viva, radicata che chi governa deve servire il popolo e non viceversa o peggio ancora servire potentati finanziari, lobby, banche, multinazionali?
- Le manifestazioni spontanee, orizzontali, senza partiti, senza bandiere, senza guru… sono un segnale di risveglio ma anche un campo aperto per nuove manipolazioni rischiando così una deriva violenta. non trovi?
- Quando fai bollire l’acqua troppo a lungo, il coperchio vola via.
- Non trovi che forse stiamo sottovalutando la temperatura?
- Non sarebbe più saggio spegnere il fuoco prima dell’esplosione
Se questa storia risuona in te…
Rispondi alle domande, ponine di nuove o semplicemente, respiraci sopra.
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