Iran, bombe mai esplose e guerre già pronte: l’eterno nemico utile


L’ articolo fa riferimento ad una nota dell’agenzia di stampa Agi- lo potete leggere qui


Trent’anni. Più di tre decenni che sentiamo dire che l’Iran è “a pochi mesi” dalla bomba atomica. Ogni tanto cambiano il numero: sei mesi, nove mesi, massimo un anno. È un parto eterno, ma il bambino non nasce mai. Eppure, in tutto questo tempo, non c’è stato leader israeliano, con menzione speciale per Netanyahu, instancabile attore protagonista , che non sia salito su qualche podio con il solito cartello apocalittico: “l’Iran ci distruggerà tutti, dobbiamo agire ora”. Ora, certo. Ora, da trent’anni.

Nel frattempo, l’Iran continua a vivere tra embargo, demonizzazione e minacce varie, ma la bomba… niente. Magari non la vogliono davvero, o magari la ricerca nucleare ha scopi diversi da quelli bellici. Ma la narrativa, si sa, è una brutta bestia: non ha bisogno di prove, solo di ripetizione.

E così, mentre il Presidente Trump si inventa che l’Iran avrebbe chiesto di negoziare con la Casa Bianca, roba che nemmeno in un film di serie B , la missione iraniana all’ONU risponde con un comunicato che è un mix tra stile punk e diplomazia da bazar: “nessuno ha mai chiesto di strisciare ai cancelli della Casa Bianca”. E aggiungono, giusto per non lasciare dubbi, che non intendono negoziare “con un guerrafondaio che cerca disperatamente di restare rilevante”. A volte la diplomazia funziona meglio senza il freno a mano.

Ora, qui viene il punto che fa girare davvero la testa. Perché, se uno si prende la briga di guardare una cartina geografica (sì, proprio quella roba che pare non usare più nessuno), si accorge di una cosa interessante: l’Iran è lì, in mezzo, come un tappo. A ovest ha l’Iraq, a sud il Golfo Persico, a est l’Afghanistan e a nord… sorpresa! C’è la Russia. Guarda caso, ogni volta che si parla di “contenere l’Iran”, il discorso scivola lentamente verso Mosca. E allora uno si chiede: ma non sarà che l’obiettivo vero è proprio quello di arrivare alla Russia, un pezzo alla volta?

L’Iran come cuscinetto, come barriera, come nodo energetico, come incubo geopolitico per chi sogna un mondo a guida unica, magari con una bella bandiera a stelle e strisce piantata ovunque. Perché, diciamocelo, l’Iran non è solo “la minaccia nucleare” mai dimostrata. È un pezzo importante della partita globale che si sta giocando. Una partita dove la posta in gioco è il controllo delle risorse, delle rotte commerciali, delle valute internazionali. E soprattutto: della narrativa dominante.

Nel frattempo, in Ucraina si continua a morire per una guerra che sembra sempre sul punto di finire, ma non finisce mai. A Gaza si bombarda come se il calendario si fosse fermato al 1945. E l’Occidente, tra un talk show e una copertina scandalistica, continua a spiegare al mondo chi sono i buoni e chi i cattivi. Naturalmente noi siamo sempre i buoni.

E allora sì, viene da pensare che tutta questa ossessione per l’Iran sia, ancora una volta, pretestuosa. Un altro capitolo di una strategia che non ha nulla a che vedere con la democrazia o la sicurezza. E che ha tutto a che fare con il controllo, il dominio e la paura. La paura che un mondo multipolare, dove ogni paese non si inchina automaticamente all’Occidente, possa davvero nascere.

Perché la verità, quella vera, fa più paura di mille testate nucleari. E oggi come ieri, si fa la guerra più al pensiero libero che per l’uranio arricchito.



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