C’è un rumore di fondo che non smette mai. Un fruscio costante di voci, parole, confessioni e sfoghi. Tutti parlano, tutti si raccontano, ma chi ascolta davvero? Chi si ferma a sentire, a comprendere, a lasciarsi toccare?
Nell’era dei social e dei blog, l’espressione è divenuta una vetrina: ognuno espone se stesso, sperando in uno sguardo, in un cenno d’approvazione.
Ma a che serve parlare, se non per cambiare? A cosa servono le parole, se non sanno ferire e curare insieme?
No. Non si scrive più per verità. Si scrive per piacere.
Il like è diventato il pane dell’anima affamata d’attenzione. La condivisione, una carezza al nostro narcisismo. E il commento? Un bisbiglio compiacente che ci dice: “Sei visto, sei giusto, sei dentro”. Ma la verità? Quella vera? Quella graffia. Quella resta sola.
Perché l’autenticità non fa rumore, non fa audience. Non consola. Ti prende per mano e ti porta dove non vuoi andare. Ti mette davanti a ciò che sei, non a ciò che mostri. E questo fa paura. Fa male.
“Le persone non vogliono cambiare, vogliono solo sentirsi meglio mentre restano come sono.” (Shane Parrish)
Non cerchiamo la trasformazione, cerchiamo l’anestesia. Non vogliamo la cura, ma un balsamo che ci dica che va tutto bene anche se non lo è. Non vogliamo svegliarci: vogliamo sognare un po’ più a lungo, senza che nessuno venga a scuoterci.
Così leggiamo storie che ci somigliano, post che ci giustificano, articoli che ci fanno sentire meno soli, ma mai più veri. Evitiamo ogni parola che punge, ogni pensiero che ci mette in crisi, ogni verità che ci obbligherebbe a dire: “Sono io, questo. Ed è da qui che devo ricominciare.”
Io non voglio compiacere. Io scrivo per chi ha il coraggio di restare scomodo. Per chi ha smesso di cercare carezze digitali e ha iniziato a scavarsi dentro, anche a mani nude. Scrivo perché la verità, quando fa male, è viva. Perché se una frase ti ha infastidito, ti ha fatto storcere il naso, ti ha fatto chiudere la pagina… allora ha funzionato.
Se ti sei girato dall’altra parte, ho colpito il punto. Perché il cambiamento inizia sempre dal dolore che non vuoi sentire. Dal riflesso che non vuoi vedere. Dallo specchio che non puoi più ignorare.
E va bene così. Perché la verità non cerca folle. Cerca cuori disposti a tremare.

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