Hasta la vista Jorge!!!


Quanto rumore sui giornali. Tanto cordoglio, tante parole al miele da parte di chi, spesso, sembra più interessato a esibire il proprio status che a esprimere una sincera empatia.
Politici internazionali si prodigano in messaggi di solidarietà, mentre alimentano conflitti e guerre. Altri, invece, scelgono il silenzio, e il loro silenzio pesa più delle parole ipocrite di chi ha già dimenticato la pace, calpestando la vita di milioni di innocenti.
Eppure il teatrino delle ipocrisie continua a srotolarsi ogni giorno sui giornali, intervallato, qua e là, da notizie più genuine: come la sofferenza sincera della gente che davvero crede nel Papa e nella sua missione.

L’intervista che più mi ha colpito l’ho ascoltata per caso in televisione.
Una suora, interpellata su come vivesse la morte del Papa, ha risposto con una lucidità disarmante:
“È un momento triste, certo, per la scomparsa di un uomo buono che ha dato tanto alla Chiesa. Ma guardo avanti, perché oggi è morto un Papa, ma domani ce ne sarà un altro.”
Questa risposta mi ha fatto riflettere.
Il Papa è una figura che va oltre l’individuo. La Chiesa continuerà il suo cammino, e quella figura simbolica rimarrà, anche se cambierà volto.

Proprio per questo credo sia fondamentale distinguere la figura del Papa dalla persona di Jorge Mario Bergoglio.
Il Papa è un’istituzione. Jorge Mario Bergoglio era, semplicemente, un uomo.
Un uomo che, nonostante la tonaca bianca, ha cercato di non farsi schiacciare dal peso del suo ruolo.
Ha cercato un equilibrio tra ciò che gli veniva chiesto come Papa e ciò che sentiva come uomo.
Un uomo che ha tentato, per quanto possibile, di rimanere autentico, senza lasciarsi corrompere dall’aura di sacralità che lo circondava.

A me piace pensare che Jorge, nei suoi momenti più veri, cercasse il suo guerriero silenzioso.
Quando telefonava a persone comuni, quando andava nei negozi a fare la fila come tutti, quando lasciava trapelare il suo amore sincero per il calcio, quando passeggiava in incognito per le strade di Roma.
E probabilmente faceva molto altro che non sapremo mai.
E va bene così: è giusto che qualcosa resti soltanto suo.

Piango l’uomo Bergoglio.
Perché, anche se cercava di non mostrarsi troppo, alla fine era un personaggio pubblico, e nel mondo spietato e “paparazzato” in cui viviamo, era impossibile restare del tutto anonimo.
Onore a una vita che custodiva quell’anima profonda che esiste, a volte nascosta, in ognuno di noi.

Hasta la vista, Jorge.
Grazie per essere stato, prima di tutto, un uomo.

Non piango il Papa. Chiunque egli sia.

Non piango il Papa capo politico di una macchina miliardaria.
Non piango il Papa che, con milioni di anime pronte ad ascoltarlo, potrebbe gridare e far tremare il mondo… e invece sussurra prediche stanche, ripetitive, sul temi importanti come pace, povertà, amore, fratellanza, aiuto con parole vuote, parole spente.

Immaginate se da Piazza San Pietro si alzasse finalmente un grido vero, un urlo che non si limitasse a invocare la pace, ma che inchiodasse i colpevoli.
Un grido che condannasse con nomi e cognomi chi pensa al riarmo, chi spende miliardi per la guerra, chi semina morte travestendola da progresso.

Un grido che scuotesse i popoli, che li invitasse a ribellarsi — sì, nella pace! — rifiutando di dare anche un solo centesimo per finanziare questo scempio.
Un messaggio che esplodesse dalle parrocchie, nelle omelie, ogni domenica, ovunque.

Quello sì che sarebbe un messaggio forte.
Quella sì che sarebbe una voce di Dio: capace di svegliare coscienze addormentate da secoli, di strappare veli, di abbattere illusioni antiche.

E il Papa?
Il Papa avrebbe questo potere. Ha milioni di fedeli che pendono dalle sue labbra.

Ma non l’ha fatto Papa Francesco. Non l’hanno fatto quelli prima di lui.
E temo, con dolore, che non lo farà nemmeno chi verrà dopo.

A breve, come da copione, si apriranno i sipari del grande spettacolo: il totoconclave.
Sotto le volte solenni si muoveranno giochi di potere, ambizioni, strategie.
Perché al di là delle lacrime e delle preghiere, la macchina va avanti, inesorabile.
L’uomo passa, la veste resta. E con essa, i suoi riti antichi e le sue eterne contraddizioni.

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