Mediobanca, MPS, Generali & Co: quando la finanza italiana sembra una telenovela… ma coi soldi veri

e tanto rumore: proviamo a toglierlo…

Ogni giorno, sui giornali: Mediobanca risponde a MPS, Delfin sale, Generali prende tempo, Caltagirone fa pressing, e intanto il governo tace… rumorosamente.
Per il cittadino medio che ha una polizza con Generali, un conto in MPS e forse manco sa cosa faccia esattamente Mediobanca, questa roba è fumo. O meglio: fumo con sotto l’arrosto.

Cerchiamo di capirci qualcosa. Sul serio. Senza retroscena da salotto TV e senza prendersi troppo sul serio.


Il cast della grande partita

  • Mediobanca: storica cassaforte della finanza italiana, oggi fa soprattutto wealth management (traduzione: gestisce i soldi di chi ne ha parecchi).
  • Generali: gigante delle assicurazioni, uno dei pochi asset italiani di peso globale.
  • MPS: la banca più antica del mondo, risorta (a fatica) dopo un decennio di disastri, ancora controllata al 39% dallo Stato.
  • Delfin: la holding dei Del Vecchio (Luxottica), che da morti sembrano più attivi che da vivi.
  • Caltagirone: imprenditore edile, editore, ex vicepresidente di Generali. Da tempo in rotta con Mediobanca.
  • Nagel: il CEO di Mediobanca. Uomo forte, odiato e ammirato, che da 20 anni tiene le redini.

Cosa sta succedendo

  1. MPS vuole comprarsi Mediobanca.
    Sì, avete letto bene. Una banca ex fallita (ma salvata dallo Stato) vuole acquisire un colosso del risparmio. L’offerta è da 12 miliardi. Dietro ci sono — guarda caso — Delfin e Caltagirone, che controllano pezzi sia di MPS che di Mediobanca.
    Sembra un’auto che si compra da sola per cambiare autista.
  2. Mediobanca reagisce provando a comprare Banca Generali.
    Così facendo, cerca di rendersi “indigeribile” e rafforzare la sua posizione nel settore più redditizio e meno scalabile: quello dei clienti ricchi.
  3. Generali al centro del tiro incrociato.
    È qui che tutto si gioca. Chi controlla Mediobanca, controlla anche Generali (di cui detiene il 13%). Chi controlla Generali, controlla… un bel pezzo dell’Italia che conta.

E il governo Meloni?

Non parla, non firma, ma guarda.
Molto attentamente.

Ha in mano MPS, per il 39%, e una grande occasione: se MPS scala Mediobanca, e a cascata anche Generali, potrebbe riportare sotto controllo politico la regia della finanza nazionale.
Non serve nazionalizzare: basta indirizzare.

È la versione XXI secolo del “capitalismo di Stato”


Perché tutto questo?

Perché il vero obiettivo non è solo chi possiede cosa, ma chi comanda chi.
Delfin e Caltagirone sono grandi azionisti, ma non comandano.
Nagel, con meno capitale ma più consenso nel CDA, comanda eccome.

Quindi l’offerta di MPS non è solo un’OPA. È un golpe finanziario.
Un modo per cambiare le chiavi del potere, senza rompere la vetrina.


E noi comuni mortali?

  • Correntisti? Nessun rischio. Non è Lehman Brothers.
  • Clienti di Generali? Le vostre polizze sono al sicuro.
  • Risparmiatori? Occhio agli scossoni in Borsa, ma niente panico.

Anzi: paradossalmente, più questi si scannano, più i prodotti si affinano. È il mercato, baby.


Epilogo (provvisorio)

Siamo davanti all’ennesima puntata della saga eterna della finanza italiana: pochi uomini, tante società, intrecci infiniti.

Il finale è incerto, ma il copione è chiaro:

  • Nagel vuole restare il regista.
  • Delfin e Caltagirone vogliono riscrivere il film.
  • MPS sogna di diventare protagonista.
  • Il governo… forse vuole solo i diritti d’autore.

Nel frattempo, noi spettatori possiamo solo tenere d’occhio il portafoglio e goderci lo spettacolo.



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