Sono nato dove non c’era nulla.
Un pugno di ghiaia, terra dura,
una rete fredda al mio fianco
e rumore tutto intorno.
Eppure, sono qui.
Non ho chiesto spazio,
non ho chiesto acqua,
non ho gridato il mio nome.
Ho solo respirato il minimo,
accolto il poco,
atteso il momento.
Spine.
Non per odio.
Solo perché la bellezza indifesa
muore presto.
Io voglio vivere.
E lo faccio a modo mio.
Il mio fiore non è per tutti.
Non si coglie,
non si tiene in mano.
Si guarda.
Si onora.
Si lascia lì,
dove il miracolo è accaduto.
Chi sa fermarsi
lo vede.
Chi sa tacere
mi sente.
Io non cerco niente.
Io sono.
E nel mio essere
c’è tutta la forza del mondo:
il diritto di fiorire
anche nell’asfalto.
Anche nel nulla.
Anche se nessuno credeva
che fosse possibile.
Io sono il cardo.
Io sono il silenzio che resiste.
Il respiro che rompe il cemento.
Il miracolo che non chiede spiegazioni.
Semplice.
Immediato.
Vivo.
Parcheggiata l’auto nel cortile della fabbrica in cui lavoro, lo sguardo mi cade su un cespuglio. Uno di quelli che, forse troppo in fretta, chiamiamo “erbacce”.
Tra tutte, una pianta spiccava. Alta, fiera, solida. Il suo fiore acceso attirava la luce, quasi fosse lì per dire: “Guarda me.”
Ergeva la sua bellezza sopra le altre, troneggiava in modo quasi regale, impossibile da ignorare. Eppure, cresceva in un angolo dimenticato: tra una ringhiera arrugginita, un massetto di cemento e un fondo ghiainoso e compatto.
Difficile chiamarla erbaccia, difficile non sentire un brivido di rispetto.
Eppure, presto, qualcuno passerà con un decespugliatore. Taglierà tutto via, senza domande, senza pietà. Come se lì non ci fosse mai stato nulla. Per rendere tutto più… morbido.
Viviamo in una società che “vende” l’idea della morbidezza ,accoglienza, comfort, gentilezza, facilità, benessere come se fosse un valore centrale. Ma nella realtà dei fatti, questa “morbidezza” è solo una facciata, una patina. Dietro c’è spesso un sistema duro, competitivo, escludente, cinico. Ti dicono di essere gentile, ma poi vince chi sgomita. Ti vendono prodotti “soft”, ambienti “user-friendly”, ma se gratti la superficie scopri tensione, sfruttamento, stress, pressione. Tutto deve essere comodo, rapido, levigato. Le spine non piacciono, i disagi vanno eliminati, la fatica nascosta sotto il tappeto della produttività.
Eppure, in mezzo a questo deserto di plastica e asfalto, cresce ancora qualcosa che ci parla senza parole.
Quel cardo, che fiorisce nella ghiaia, è lo specchio di chi resiste.
Di chi non ha terreno fertile, ma si radica lo stesso.
Di chi non viene accolto con delicatezza, ma trova un modo per esserci.
Di chi è visto come scomodo, pungente, “in mezzo ai piedi”… e invece è essenziale.
La società moderna tende a classificare, etichettare, decidere chi merita attenzione e chi è solo “erbaccia”.
Ma quante persone, come il cardo, sopravvivono ai margini, lontano dai riflettori, dando comunque bellezza al mondo?
Quanti vivono la loro dignità in silenzio, senza chiedere approvazione, semplicemente facendo quello che devono fare: essere?
Il cardo ci insegna che non serve il consenso per valere.
Che la forza può essere silenziosa, la bellezza protetta, l’utilità non apparente.
Ci insegna che possiamo fiorire anche nel disagio, anche tra gli scarti, anche se nessuno ci annaffia.
E forse ci dice anche questo:
se hai spine, forse non sei cattivo.
Se sei duro, forse è solo perché nessuno ha mai saputo toccarti con rispetto.
Ma dentro, se qualcuno guarda davvero, c’è un fiore che merita stupore.
La lezione è chiara e crudele insieme:
la natura non fa sconti, ma regala miracoli.
Sta a noi scegliere se schivare il cardo…
…o fermarci ad ascoltare ciò che ha da dire.
E poi chiediamoci, con onestà:
in quanti sanno che il cardo è necessario per le api?
Che in piena estate, quando molti fiori cedono al caldo e alla siccità,
il cardo continua a offrire nettare e polline?
Che le sue spine difendono non solo se stesso,
ma anche quella piccola vita operosa che si affida a lui?
Forse, allora, non è solo una pianta ruvida.
Forse è un baluardo.
Un alleato silenzioso della vita,
là dove altri non resistono.
E tu, quando incontri un cardo… cosa scegli di vedere?

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