Parole e futuro: la via disarmata di Papa Leone XIV

Fonte: 9Colonne

Titolo originale: Papa: raccontare le speranze di pace.


Disarmare le parole per disarmare la Terra

Nel suo primo incontro ufficiale con i rappresentanti dei media, Papa Leone XIV ha lanciato un appello potente e semplice:

“Disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio”.

Le sue parole, accolte con una standing ovation, non si sono limitate a un augurio generico alla pace, ma hanno messo a fuoco un nodo cruciale del nostro tempo: il linguaggio come primo campo di battaglia. In un’epoca in cui le guerre si combattono anche con le immagini, i titoli, i tweet, il Papa ha deciso di partire proprio da lì: dal modo in cui parliamo, raccontiamo, descriviamo il mondo.

Ha ricordato che non serve una comunicazione muscolare o urlata, ma una narrazione capace di ascolto e comprensione, di dare voce a chi non ha voce, di sintonizzarsi sulle frequenze dei deboli, degli invisibili.

“Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra”.

Le parole entrano nelle menti, ma poi vanno più in profondità, si insediano nei cuori. E lì si radicano. Se sono parole cariche di odio, sospetto, semplificazioni violente, creano una base popolare di ostilità: il russo diventa automaticamente un carnefice, il palestinese un terrorista da sterminare, l’avversario un nemico. Se invece sono parole equilibrate, fondate, umane, allora creano un terreno su cui può germogliare la pace.

In questo senso, il discorso di Papa Leone XIV ai giornalisti è un gesto di straordinaria coerenza rispetto al suo discorso di insediamento, in cui aveva già parlato di una pace “disarmata e disarmante”. Oggi, dimostra di voler dare seguito concreto a quelle parole, scegliendo di partire proprio da chi ogni giorno maneggia e plasma le parole: gli operatori dell’informazione.

Non è un gesto secondario, né retorico: è una presa di posizione fortissima sulla responsabilità dei media, ma anche una chiamata alla coscienza collettiva. Scegliere parole giuste, sobrie, rispettose è un atto politico e spirituale, perché prepara — o impedisce — le condizioni della pace.


L’intelligenza artificiale: non temere, ma governare

In quello stesso intervento, il Papa ha voluto inserire anche una riflessione sull’intelligenza artificiale. Apparentemente un tema lontano dal cuore spirituale della Chiesa, ma in realtà profondamente collegato al destino dell’umanità.

“L’intelligenza artificiale ha un potenziale immenso, che richiede però responsabilità e discernimento per orientare gli strumenti al bene di tutti”.

Con queste parole, Papa Leone XIV non sta parlando da tecnico, ma da guida morale e culturale. Sa che l’IA non è un semplice aggiornamento tecnologico: è una rivoluzione strutturale, che modifica la produzione, la comunicazione, la percezione del reale. È la quarta rivoluzione industriale — e, per molti, è proprio questo uno dei motivi per cui il Pontefice ha scelto il nome di Leone, in continuità simbolica con Leone XIII, che con la Rerum Novarum seppe affrontare le trasformazioni della modernità industriale con sguardo profetico.

Papa Leone XIV non intende demonizzare la tecnologia (tutto è tecnologia: la penna con cui scriviamo, i vestiti che indossiamo, le posate con cui mangiamo). La questione non è mai la tecnica in sé, ma il modo in cui la si orienta, la si educa, la si regola. In questo senso, l’intelligenza artificiale può diventare uno strumento meraviglioso, a servizio dell’umanità, oppure una forza disgregante, se lasciata senza etica e senza governo.

“Questa responsabilità riguarda tutti, in proporzione all’età e ai ruoli sociali”.

Il Papa insiste su un punto decisivo: la responsabilità di questa transizione riguarda tutti, non solo gli esperti. In proporzione all’età e al ruolo sociale, ciascuno è chiamato a una vigilanza attiva, consapevole, educativa. I genitori, nel trasmettere senso critico ai figli. Gli insegnanti, nel formare alla complessità. I giornalisti, nel non cedere all’automatismo dell’informazione generata da algoritmi. I cittadini, nel non abdicare alla propria intelligenza. È un invito alla cittadinanza digitale etica, capace di integrare la tecnica nel tessuto dell’umano, senza lasciarsi dominare.


L’auspicio: che il Papa continui a battere su questo chiodo

Ci auguriamo e lo diciamo con convinzione , che Papa Leone XIV continui a battere su questo chiodo, con insistenza, caparbietà, e visione. Perché le parole contano, la tecnologia conta, e soprattutto conta il modo in cui costruiamo, ogni giorno, la pace possibile in un mondo reale e complesso.

Non importa se questa linea rappresenta una continuità con il pontificato precedente o un nuovo inizio. Ciò che conta è che qualcosa si sta muovendo. Che la Chiesa vuole essere parte attiva di questa svolta storica, offrendo non soluzioni tecniche, ma criteri etici, umanità, visione.

Papa Leone XIV sta indicando un nuovo umanesimo. Un umanesimo fatto di parole disarmate, tecnologie orientate al bene, e di una fede che sa stare nella storia, non per giudicarla da lontano, ma per trasformarla da dentro.



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