4.Non c’è nessuno da seguire

Ad un certo punto del cammino, succede qualcosa di strano: ti accorgi che non puoi più seguire nessuno.
Ci sei passato anche tu, probabilmente. Hai cercato. Hai letto, guardato, ascoltato. Ti sei affidato a chi sembrava sapere più di te. E va bene così. Fa parte del percorso.
Ma poi, se sei onesto con te stesso, arriva quel momento. Quello in cui ti rendi conto che, per quanto un maestro possa essere illuminato, non può vivere al posto tuo.

Può ispirarti. Può aprirti una porta. Può farti vedere qualcosa che prima ti sfuggiva.
Ma non può darti la verità.
Perché la verità è esperienza vissuta, non concetto trasmesso.

Tanti — troppi — cercano ancora qualcuno da seguire. Un guru, un leader spirituale, un terapeuta da idolatrare, un maestro da venerare.
Ma il bisogno di seguire qualcuno nasce, spesso, dalla paura di prendersi la responsabilità della propria strada.
È più comodo credere che “lui sa”, “lei ha capito”, “loro hanno già la risposta”.
Tu intanto resti piccolo, protetto. Ma anche dipendente. E, sotto sotto, disconnesso da te.

Krishnamurti l’aveva detto con chiarezza brutale:
“Il mio unico interesse è rendere l’uomo assolutamente, incondizionatamente libero.”
E infatti ha rifiutato qualsiasi ruolo da maestro. Ha sciolto ordini, fondazioni, set spirituali. Perché sapeva che appena segui qualcuno, smetti di ascoltarti.

Seguire un altro significa, quasi sempre, rinunciare a sentire davvero.
Perché nessun altro può sapere cosa è giusto per te.
Anche il maestro più sincero, se non stai attento, diventa una stampella.
E a un certo punto, devi buttarla via.

Attenzione: questo non è un rifiuto della saggezza altrui.
Leggere, confrontarsi, imparare è vitale. Ma c’è una linea sottile tra ispirarsi e dipendere.
Tra ascoltare e obbedire.

Il guerriero, prima o poi, resta solo.
Non per orgoglio, ma per necessità.
Perché la voce più autentica è quella che nasce nel silenzio dopo che tutte le altre sono state spente.
E nessun maestro esterno può guidarti lì.

Sì, ti puoi perdere.
Sì, farai errori.
Ma saranno tuoi. E sarà proprio sbagliando che comincerai a vedere.
Solo l’esperienza diretta è maestra.
Tutto il resto è teoria. E la teoria, senza contatto con la pelle, è solo un altro modo elegante di restare addormentati.


E tu? Hai mai proiettato troppo su un maestro o una guida?
Hai mai sentito di tradire te stesso pur di seguire una “via”?
Se vuoi, raccontalo nei commenti. A volte, smettere di seguire è il primo passo per cominciare a camminare davvero.



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Comments

2 risposte a “4.Non c’è nessuno da seguire”

  1. Avatar Jolanda Caiola

    Ad essere sincera non ho mai avuto una guida e mai seguito nessuno e secondo me non bisogna seguire chi credi sia Maestro, una guida per poter agire in modo equilibrato :
    Dove è il nostro libero arbitrio ?
    Dove la nosta coscienza morale ?
    Dove la nostra integrità mentale ?
    Dove la nostra educazione impartitaci dai nostri genitori e a volte inficiata dai nostri educatori scolastici ?
    Sono domande che vanno a finire tutte ad un punto di non ritorno : SOLO ED ESCLUSIVAMENTE A NOI.
    Siamo solo noi a dover decidere cosa fare poichè la guida può portarci fuori strada perchè ragiona diversamente da noi che dobbiamo usare e mettere in atto solo ciò che riteniamo possa essere equo, equilibrato , positivo e persuasivo, il resto è solo una visione lordata da chi vuole darci un supporto non richiesto e a questo punto ricordiamoci che un’Anima ce l’abbiamo e quindi perchè farci trascinare .
    Pensiamo a quante persone nella storia hanno instillato odio, valori e virtù inesistenti e quanta gente ha voluto esimersi da argomentazioni pacifiche perseguendo chi ha mandato a morire orde di uomini per guerre o esperimenti di vita che sono stati fiaschi e fischi e null’altro .
    Penso che si debba essere padroni di noi stessi e cercare di fare un lavoro di introspezione attiva : un processo di autoanalisi profonda e intenzionale che possa a differenza della semplice riflessione passiva avere un impegno consapevole analizzando il nostro mondo interiore, questo si mette in atto tramite una piena immersione (mindfulness ) con lo scopo di fare terapia attraversola scrittura sincera dove si cerca di instillare nella scrittura come terapia ciò che si pensa e un’autoanalisi serve a sciogliere dubbi e incertezze , comunque che sia in piena facoltà senza nessun tipo di manipolazone altrui , in questo modo ci autodeterminiamo rafforzando a nostra identità .
    il maestro di noi stessi è celato in noi, c’è sempre e bisogna tirarlo fuori.
    Ciao IGS.

    1. Avatar IGS

      Hai ragione a dire che la decisione finale spetta sempre a noi. Questo è il nucleo del libero arbitrio. Tuttavia, possiamo vedere la questione della “guida” o del “maestro” non come qualcuno che decide per noi, ma come una risorsa.
      Pensa a un viaggio in una terra sconosciuta. Tu decidi la meta (il tuo libero arbitrio), studi la mappa (la tua educazione e coscienza), ma a volte chiedere informazioni a chi ci è già stato (una guida) non significa farsi “trascinare”. Significa arricchire la tua prospettiva con un’altra esperienza, per poi tu decidere quale strada prendere. La guida non ti toglie il viaggio, ti aiuta a evitare burroni o a scoprire sentieri che non sapevi esistessero.
      Il vero pericolo, come giustamente sottolinei, non è la guida in sé, ma la rinuncia a pensare con la propria testa. Una guida autentica non vuole seguaci, ma aiuta gli altri a trovare la loro strada.

      Concordo col dire che l’introspezione attiva, la scrittura terapeutica e la mindfulness sono strumenti straordinari per fare emergere il “maestro interiore” di cui parli. Scrivere costringe a dare forma al caos dei pensieri, a vedere le contraddizioni, a chiarire i veri desideri.
      La mindfulness permette di osservare i propri processi mentali senza esserne travolti, come si guarda scorrere un fiume dalla riva.
      Questo lavoro non è un rifiuto del mondo esterno, ma un modo per creare uno spazio interno sicuro da cui osservare il mondo stesso. È da questo spazio che possiamo valutare un consiglio, una critica o un’idea senza essere “manipolati”, perché abbiamo un solido punto di riferimento dentro di noi.

      “Il maestro di noi stessi è celato in noi, c’è sempre e bisogna tirarlo fuori.”… Questa è una verità assoluta.

      Spesso, però, quel maestro è sopito, ferito o confuso dalle esperienze della vita, da quell’ “educazione a volte inficiata” di cui parli. A volte, per “tirarlo fuori”, abbiamo bisogno di uno specchio. Un terapeuta, un amico saggio, un libro, un filosofo possono fare proprio questo: fare da specchio per aiutarci a vedere il maestro che è in noi, ma che fatichiamo a riconoscere.
      Grazie per il tuo bellissimo commento. IGS

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