La Solitudine

(interiore)

La solitudine interiore è la più subdola delle soitudini. E’ quella che si insinua dentro anche quando attorno a te ci sono volti, voci, mani tese. È quella sensazione di essere disconnessi, come se ci fosse un vetro spesso tra te e il resto del mondo: vedi tutto, ma non lo tocchi davvero.
Non sai perché succede, non riesci a spiegarlo neanche a te stesso, e questo la rende ancora più pesante.

Quando sei solo fisicamente almeno puoi dire: “Non ho nessuno accanto, è un dato di fatto.”
Ma quando ti senti solo mentre sei in compagnia, lì è il cortocircuito. È lì che ti chiedi se sei tu il problema. Se stai fingendo. Se stai vivendo davvero o stai solo recitando una parte.

E spesso non hai nemmeno il coraggio di dirlo a qualcuno, perché ti sembra assurdo, ingiusto perfino: “Ho tutto, eppure non sento niente.”

Quella solitudine non si colma con una presenza. Si colma quando riesci a riconnetterti con qualcosa dentro di te. Ma non è facile, e non sempre sai da dove cominciare.

Chi non l’ha mai provata, forse non capirà. Ma chi l’ha vissuta… sa benissimo quanto faccia rumore quel silenzio.

Quella solitudine interiore, che tutti tendono a evitare come la peste, forse è proprio una maestra travestita. Ti costringe a togliere i veli, uno alla volta. Ti sbatte in faccia quanto sia fragile e inconsistente tutto ciò a cui spesso diamo valore: status, oggetti, etichette, ruoli, relazioni superficiali. E ti obbliga a fare l’unica cosa che nessuno ci insegna a fare: guardarti dentro.

Viviamo tutti sulle punte dell’iceberg, nella parte visibile, comoda, socialmente accettabile. Ma la verità è che tutto ciò che conta, il dolore, i desideri veri, le paure, le esperienze che ci formano , sta sotto. E lì non ci va quasi nessuno, né per esplorare sé stesso né tantomeno per cercare davvero l’altro.

Ci chiamiamo amici, partner, compagni… ma spesso sono titoli vuoti, appesi a rapporti fondati su abitudini, bisogni, illusioni. Parole grosse per connessioni piccole. Perché se davvero ci incontrassimo nel profondo, se avessimo il coraggio di mostrarci nudi dentro, non potremmo più ignorarci. Ma farlo richiede uno sforzo immenso, e un rischio: quello di essere visti davvero.

La parte peggiore è che spesso nemmeno noi sappiamo chi siamo. Ci identifichiamo con la maschera, col personaggio che recitiamo ogni giorno. E scambiamo quella parte emersa per tutto il nostro essere. Ma sotto… sotto c’è un oceano che nessuno ci ha mai insegnato a navigare. Eppure è lì che si trova l’unica verità che valga la pena cercare.

Quella solitudine interiore, quando arriva, forse è l’unica occasione per accorgersene. E per decidere, magari, di non essere più un estraneo nemmeno a se stessi.



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