La gentilezza, oggi, è vista come un errore. Un difetto di fabbrica. Qualcosa da correggere, da spegnere, da nascondere. Se sei gentile, ti prendono per scemo. Se sei disponibile, ti danno del debole. Se porgi la mano, c’è chi se la prende tutta e ti calpesta.
Ma chi è gentile sul serio non lo è perché non conosce la cattiveria. Lo è proprio perché l’ha vista in faccia.
Chi è gentile ha preso bastonate, pugnalate nella schiena, porte sbattute in faccia. Ha sentito il gelo dell’indifferenza, ha annusato l’odore dell’abbandono. Ha stretto i denti, ha ingoiato veleno e ha resistito. Ma non si è sporcato.
Non ha imparato a colpire. Ha imparato a non diventare come loro.
Essere gentili è una scelta che si fa con le mani sporche di fatica e il cuore pieno di cicatrici. È l’arte di rimanere puliti in mezzo al fango. È l’ultima forma di ribellione in un sistema che ti vuole cinico, rancoroso, tagliato fuori dal sentire.
Il guerriero gentile non è buono per caso. È buono per decisione.
E quella decisione costa.
Perché ci vuole forza per non rispondere al male con il male. Ci vuole forza per non odiare chi ti ha ferito. Ci vuole forza per scegliere l’equilibrio invece della vendetta, la parola invece del coltello.
Essere gentili non vuol dire essere stupidi. Vuol dire sapere di avere una spada, e decidere di tenerla nel fodero. Vuol dire guardare in faccia chi ti ha mancato di rispetto e dire: “Io non sarò come te”.
Ma la gentilezza non è cedevole. È ferma. Se serve, taglia. Se serve, si allontana.
Perché non è una maschera. È una posizione.
Il vero pericolo per chi si nutre di potere e manipolazione è proprio chi riesce a restare umano.
Il vero disobbediente oggi è chi resta gentile.
E allora che ci chiamino deboli, ingenui, fessi.
Noi sappiamo bene da dove veniamo.
Sappiamo cos’abbiamo passato.
E sappiamo che la gentilezza non è la mancanza di forza.
È il suo pieno controllo.
Siamo quelli che hanno preso botte
E hanno scelto di non restituirle.
Siamo i guerrieri gentili.
E non ci avrete mai.

Lascia un commento