Ed eccoci qua. Dopo mesi di macelleria a cielo aperto, di bambini polverizzati sotto le macerie, di ospedali ridotti in cenere, all’improvviso il Ministro Tajani scopre che “la reazione israeliana è drammatica e inaccettabile”. Oh, davvero? Ma dai. E dove stava fino a ieri, quando gli F-16 radevano al suolo interi quartieri come si stira una camicia? Forse era a lucidare i camion di “aiuti umanitari” partiti dallo stesso porto da cui, nel silenzio tombale, partivano anche i container di armi. Italiane. Per Israele. Quelle che oggi Tajani finge di non vedere.
Per mesi, chi osava dire che a Gaza si stava consumando un genocidio veniva zittito con una scrollata di spalle: “Eh ma Hamas”, “Eh ma l’antisemitismo”, “Eh ma il contesto”. Tutto molto comodo quando a morire sono sempre gli stessi, quelli col passaporto sbagliato, la pelle sbagliata, la religione sbagliata. E mentre i droni facevano il loro sporco mestiere, in Parlamento si facevano selfie con le bandiere israeliane. Solidarietà selettiva, lacrime telecomandate.
Ora Tajani, con l’aria da zio preoccupato, ci dice che “i bombardamenti devono finire” e che “servono due Stati in pace”. Ma non era lo stesso che si affrettava a dare l’ok all’invio di equipaggiamenti bellici, in piena crisi? Lo stesso che in silenzio ha lasciato passare mesi di menzogne mediatiche, dove nei telegiornali sembrava che le vittime civili non esistessero, o fossero statistiche secondarie?
E intanto i giornaloni facevano da tappezzeria alla narrativa di comodo: “Israele si difende”, “Gaza è una roccaforte di Hamas”, “Non possiamo verificare le fonti palestinesi”. No, certo. Meglio fidarsi dei comunicati militari. Meglio fare finta di nulla, mentre le foto dei cadaveri giravano solo nei canali Telegram. Troppo brutte da mostrare, troppo vere per rientrare nei palinsesti.
Ma ora che la coscienza si sveglia (giusto in tempo per salvarsi la faccia), ci raccontano che “l’Italia ha fatto la sua parte”. Certo. Ha evacuato qualche centinaio di persone, ha mandato 15 camion di aiuti, ha parlato con questo e quello. Ma intanto ha anche continuato a firmare forniture militari, ha mantenuto accordi bilaterali come se nulla fosse e ha lasciato che un massacro passasse per “diritto alla difesa”.
La verità è semplice, come una ferita aperta: hanno fatto finta di non vedere. Hanno lasciato che l’opinione pubblica venisse anestetizzata, hanno soppresso il dolore dietro parole vuote e dichiarazioni costruite. E ora, con il sangue ormai rappreso sotto la sabbia, arrivano le lacrime di coccodrillo. Troppo tardi, troppo ipocrite.
Tajani, come tanti altri, non è l’unico colpevole. Ma oggi è uno dei tanti che pretendono di sedere al tavolo dei giusti dopo aver mangiato per mesi dalla mano dei carnefici. E la stampa italiana, complice asservita, è il coro di questo tragico teatro.
La verità? Non c’è bisogno di proclamarla. Basta guardare le facce dei bambini rimasti senza volto, le madri che stringono stracci insanguinati, le rovine di ciò che un tempo era una scuola, un ospedale, una casa.
E mentre parlano di “tavolo dei giusti, soluzione a due stati”, lì sotto, nella polvere, nessuno li sente più

Il guerriero non ha domande questa volta. Vorrebbe risposte ma…
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